Cloris: storie per i tarocchi – Volume 1. Arcani maggiori 0-X

Il Matto è un ragazzino che plasma dei genitori più premurosi usando rifiuti organici; il Bagatto è un singolare santone che spinge adepti disadattati a compiere colorati atti vandalici; l’Eremita è una matrioska di narratori, ciascuno a suo modo scrittore e asceta; la Ruota della fortuna è una grottesca performance a cui una ragazza accetta di partecipare per sfuggire al circolo vizioso di una vita senza sbocchi. In questo primo volume dell’antologia “Cloris: storie per i tarocchi”, a cura di Vargas, undici autori si cimentano nella scrittura di novelle basate sui primi undici arcani maggiori, dando un’interpretazione personale ai significati che si celano in ciascuna carta, per rendere concreto e disturbante l’esoterico calandolo in una realtà quotidiana e palpabile. Si avvicendano personalità dagli stili di scrittura diversi, ma con la stessa volontà di mettere su carta storie graffianti e surreali: Michele Vaccari, Dario De Marco, Francesca Mattei, Beatrice La Tella, Alan Bassi, La Vecchia Verde, Valentina Ramacciotti, Carlo Martello, Ornella Soncini e Lucrezia Pei, Stefano Trucco e Stefano Tevini. Il volume include illustrazioni a colori a opera di Stefano Pirone.

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Informazioni aggiuntive

Scritto da

Collana

Formato

Cartaceo, copertina morbida, 12,5 x 19,5 cm

Pagine

328

Anno di pubblicazione

2023

Incipit

(Incipit della novella “Ragazza/serpente” di Lucrezia Pei e Ornella Soncini)

Ragazza/serpente

Sopraterra non c’è nemmeno un piccolo ricordo di voi.

Vi hanno fatto scivolare nel buio ancora caldi di vostra madre. Lo Stomaco ha pareti di cemento nudo e neon che si accendono e spengono da soli; una stanza con letti vicini e un’altra più grande con un tavolo per studiare e consumare i pasti; una piccola cucina e un bagno ancora più piccolo; un corridoio stretto con una scala che sale fino a una botola. La botola porta al vostro giardino.

Sopraterra ci sono il prato e le nuvole e tutto quello che sta sulla terra e nel cielo. Attorno al giardino corre senza uscita un alto steccato bianco e appuntito, come un serpente che si morde la coda; dagli spazi sottili tra le tavole intravedete una villa con tetto e muri chiari, una fila di colonne sul davanti e tante finestre sempre chiuse su cui si specchiano le nuvole.

*

All’inizio vi porta sopraterra la Vecchia che vive con voi nello Stomaco. Ha i capelli scuri e ricci dei tuoi fratelli e la pelle sfiorita. Non vi sgrida e non vi carezza mai, vi ha spiegato lei che vostro padre avrebbe potuto uccidervi e invece vi ha lasciato vivere; che oltre lo steccato avete anche una madre, vivono insieme nella villa bianca. Avvicinarvi a loro non vi è permesso «e se provate a uscire vi ucciderà».

A volte ti arrampichi sull’alto tiglio che sta proprio in mezzo al giardino. Chiami tua sorella: «Prima, sali!», ma lei rimane seduta sul vostro prato di dicondra. Tu ti avvoltoli sui rami come fanno i serpenti, il sole ti riempie la pancia come dopo una bella mangiata.

Anche da lassù non guardi mai la villa, nemmeno quando il vento porta una voce di donna che urla.

*

Se chiudi gli occhi stretti stretti sei capace di far crescere le foglie della dicondra, allungare e intrecciare gli steli nelle forme che preferisci; col tempo crei ogni specie di animali con l’erba, ti basta solo ricordare quelli che vi mostra il computer quando vi insegna le cose del mondo.

Indichi alla Vecchia le tue creature.

«Sei brava» ti dice, «ma non dovresti farti vederti».

Dopo, stai sempre attenta a disfarle prima di tornare sottoterra.

*

Quando a Prima comincia a crescere il petto, la Vecchia vi dice: «Ormai badateci voi agli altri fratelli» e una notte se ne va da sottoterra. A Prima sono spuntati come due capolini di margherita sotto la maglia, li trovi buffi.

Ora che siete da soli salite in giardino ogni volta che vi va.

Presto arriva un nuovo fratello allo Stomaco, ancora sporco di sangue e di cera come gli altri due. È Prima a pulire Quinto, a dargli il latte intiepidito sul pentolino. Fate a turno per nutrirlo e cambiarlo, ma senza la Vecchia a tenerla in riga tua sorella smette presto di fare il suo dovere e resti solo tu a stargli dietro.

Prima preferisce starsene per conto suo in cucina o a studiare al computer. Sei tu a correre da Quinto non appena piange, è da te che vengono Terza e Quarto quando si fanno male e hanno fame di cibo e risposte.

Diventi una madre prima ancora di avere il tuo sangue.

*

Addormenti Quinto al suono della tua voce perché impari in fretta a ripetere ciò che dici: la sua prima parola è il tuo nome. Quando è abbastanza grande, gli insegni a salire i gradini fino alla botola come hai fatto con Terza e Quarto. Nel giardino i tuoi fratelli ti corrono dietro come uccellini coi becchi spalancati, vogliono giocare con le tue creature. Ti piace farti pregare, ma a volte ti stanchi dei loro capricci. Non ti è permesso picchiarli, così tiri orecchie e capelli fino a che non imparano a ubbidirti.

Terza ti segue ovunque e resta a fissare con gli occhi rotondi le tue creature, non ti lascia in pace finché insieme non immaginate pavoni con enormi code di foglie brillanti. È il suo animale preferito, dice che è bellissimo. Da quando la Vecchia se n’è andata, appena si spengono i neon viene a infilarsi sotto le tue coperte anche se state diventando troppo alte per dormire insieme. I suoi capelli odorano di vento, di temporali in arrivo. Se le dici di tornare nel suo letto, senti rumoreggiare di rabbia le nuvole e piangere di pioggia sulla botola chiusa.

*

Un mattino ai piedi della scala trovate una scatola e un biglietto: Giocate.

Dentro c’è un globo di metallo, più liscio di un uovo e pesantissimo tra le mani. Lo appoggi sul suo piedistallo trasparente, sopra il tavolo della grande stanza; il globo si alza a mezz’aria, il metallo si cambia in acque profonde, emergono lembi di terra nuda e bianchi vapori grumosi come nuvole sfilacciate.

I tuoi fratelli guardano te e tu guardi Prima: «Sembra un mondo. Ma senza niente, appena nato» dice alzando per un momento gli occhi dal computer.

Voi restate a fissarlo mentre ruota su se stesso. Quarto è il primo ad allungare una mano, con un dito oltrepassa le nuvole e fa increspare il pelo dell’acqua fino a sollevare un’onda che annega i vicini continenti di terra brulla.

Quel giorno non salite in giardino. Restate attorno al tavolo anche quando i neon si spengono, finché non capite come si gioca, finché non vi si chiudono gli occhi.

*

Conservi il globo sul ripiano più alto della grande stanza, ruota placido mentre fate lezione.

«Secondaaa» si lamenta Quarto allungando l’ultima vocale, «a che serve che studiamo? Facci giocare!»

Gli dici quello che la Vecchia ha detto a te e Prima: perché lo vuole vostra madre. Quarto sbuffa e Terza gli ride dietro.

Non sai perché a vostra madre importi e nemmeno perché, da quando non salite più tutti insieme in giardino, certe volte la tua pancia si stringe fino a farti male. I tuoi fratelli non ti chiedono più di giocare con le tue creature. Ti viene da piangere, ma tu non sai far lacrimare il cielo come Terza e così non se ne accorge nessuno.

*

La terra brulla si corruga in montagne e si liscia in pianure, si riga di fiumi e si concava in laghi, si ricopre di distese di sabbia, ghiaccio e verde fitto che nascondono il sottoterra.

Continuate a giocare anche quando Prima vi dice che ormai siete grandi e non dovete litigare per una palla.

La notte che l’Estraneo entra nello Stomaco, si è messa tra le mani inferocite di Quarto e Quinto che non nega di aver barato, non riesci a vedere chi di loro fa cadere il globo a terra. Vi voltate tutti insieme come le tante teste di una sola bestia e lo seguite ruzzolare via liscio come appena fuori dalla scatola, fino a un paio di scarpe grandi in una pozza d’acqua.

Alzate gli occhi sull’Estraneo. Ha gli abiti gocciolanti e due occhi chiarissimi che sembrano i tuoi, riesci a vederli sotto il cappuccio per un attimo, appena prima che i neon si spengano e tutto diventi buio.

Senti un odore, come di temporale.

*

L’Estraneo si arrampica per primo, vi tende il braccio dall’entrata della botola.

«Sono venuto per liberarvi» vi ha detto prima ancora del suo nome e che è anche lui vostro fratello. Vi issa fuori uno a uno sul prato fradicio, come se non vi riuscisse di farlo da soli. Fulmini illuminano la sua barba e la macchina nera che aspetta oltre lo steccato, il maltempo ha sradicato alcune assi, sembra una bocca sdentata. Al volante c’è una donna giovane, vi dice qualche parola che perdi tra lo scroscio della pioggia.

Vi stringete tremanti sulle due file di sedili di dietro, Quarto strofina una guancia contro il tuo petto appuntito dal freddo mentre intrecci le dita scivolose con quelle di Quinto e sfiori i capelli zuppi di Terza; sta guardando corrugata la nuca lanosa dell’Estraneo, seduto davanti a voi, vicino a Prima.

La villa con le colonne bianche rimane buia, correte via su ruote veloci.