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illustrazione Un po' di cultura cinofila - Silvia Fornaroli

Un po’ di cultura cinofila

Erano da poco passate le dieci e la ragazza si stava già aggiustando il costume che le si infilava continuamente nel culo.

«Piccola, porta via questo cazzo di cane o giuro che te lo faccio sparire…» urla il suo capo, mentre il setter tenta di nuovo di scopargli la gamba. È inutile spiegargli che non farebbe arrapare nemmeno un cane, che il sesso comunque non c’entra nulla e che quella è una monta di dominanza.

La ragazza vuole fare l’addestratrice ed è costretta a portarsi il cane al lavoro, nonostante sia difficile allenarlo in mezzo ai tavoli sporchi, ai pali da lap dance e alle mance infilate nel reggiseno. Il rincorrersi la coda, la pipì sparsa dappertutto e la monta gerarchica su quell’uomo sono il suo modo di dirle che non passerà l’esame per l’abilitazione.



Lei ha la faccia come il culo. No, seriamente. Le sue chiappe sono il volto “di una campagna di intimo che le ha permesso di pagarsi l’affitto degli ultimi sei mesi. Sarebbero anche avanzati dei soldi, se solo quell’affettuosa bestiaccia non avesse deciso di scoparsi le fodere dei divani, costringendola a comprarne di nuove. Lui dovrebbe essere il suo biglietto da visita, ma rischierebbe solo di eiaculare sui pantaloni dei clienti. Dicono che il cane sia il migliore amico dell’uomo, la loro però è una qualche forma di sadomasochismo più che una relazione di fedele complicità. La ragazza si sente come quelle madri che durante i colloqui genitori-insegnanti vengono riprese per i modi troppo vivaci dei loro bambini.

«Ci scusi Signora, ma suo figlio disturba la lezione con gesti inappropriati»: dove “suo figlio” è una creatura a quattro zampe munita di coda, “lezione” è uno strip-tease e i “gesti inappropriati” implicano lo spargimento di fluidi corporei canini.



A lui non frega proprio un cazzo degli esercizi che la sua compagna umana gli propone: “seduto”, “a terra” e – soprattutto – “vieni” sono comandi che ormai suscitano ilarità anche in lei. L’immagine della gamba del capo che diventa un tutt’uno con una macchia di pelo color blue belton, mentre una giovane donna in bikini gli urla di venire, potrebbe dare nuovo lustro a quel locale fatiscente. I biscottini per cani estratti dal reggiseno – e prontamente sostituiti dalle laute mance in arrivo – sarebbero la ciliegina sulla torta del suo fallimento.



Il giorno dell’esame, la ragazza è pronta alla resa. Statisticamente qualcuno viene sempre bocciato a questi test, è una questione di numeri. Come una specie di Don Chisciotte, si prepara alla sua battaglia contro i mulini a vento, dove “battaglia” è da leggersi come ultima chance di trovare un lavoro normale e i “mulini a vento” sono le erezioni di un cane da caccia. Lui è fedele solo alle sue abitudini e si comporta esattamente come previsto: suscitando sorrisi di compatimento e il sollievo che a toccare un livello così basso ci abbia già pensato qualcun altro. La ragazza osserva gli altri cani – Border collie, Labrador e Malinois – che non sentono il bisogno di provare la loro virilità a nessuno; a loro non saranno riservati sguardi di imbarazzo o stupide allusioni a pornografia di nicchia.

Contro ogni aspettativa, la fortuna sorride sincera alla nostra amica che supera l’esame. Il testosterone dilagante del suo Setter ha contagiato l’animo dell’istruttore, che si avvicina alla ragazza con in mano una fotografia e nei pantaloni la felicità di vederla. Poter far autografare il tuo sedere preferito non è una cosa che capita tutti i giorni. E così, mentre il suo cane dà inizio a nuovi preliminari con i pantaloni dell’uomo, lei scarabocchia distratta il suo nome. Anche firmare le tue chiappe patinate è un evento abbastanza memorabile.



«Piccola, il tuo segugio tenterà di scoparmi la gamba in tre, due, uno…»

Circondato dai tavoli sudici, l’orologio del capo ticchetta verso l’ultima, inevitabile, umiliazione canina di quella giornata.

Lei ormai è con la testa da un’altra parte, il costume infilato nel culo non le dà più nemmeno così fastidio e la voce di quel tipo suona già come un ricordo, un simpatico aneddoto da raccontare ai propri nipoti. Non vale la pena spiegare che presto cambierà mestiere, che il suo cane supererà l’adolescenza e che le nuove fodere dei divani dureranno a lungo.



E poi tanto “piccola” non è mica il suo nome. I Setter non sono segugi ma cani da ferma e nessuno, comunque, ti prenderà mai sul serio, finché potrà associare la tua faccia solo a un dannatissimo perizoma.






Silvia Fornaroli è nata il giorno in cui Aileen Wuornos cominciava la sua carriera come serial killer. Le cose che la fanno ridere sono le stesse che poi, di nascosto, la fanno anche piangere. Ride, molto.

illustrazione Un po' di cultura cinofila - Silvia Fornaroli
“Un po’ di cultura cinofila”, un racconto di Silvia Fornaroli per la rivista SPLIT di Pidgin Edizioni