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Fruscio, ronzio

(Racconto tratto da New York Tyrant, magazine online di Tyrant Books. Traduzione dall’inglese di Stefano Pirone.)


Un paio d’anni fa provai a suicidarmi.

Accadde quando ero agli sgoccioli con lei.

Posso dirvi il suo nome.

No.

Comunque sia, mi svegliai in un letto d’ospedale.

Un volto annebbiato, alto sopra di me, un volto come il sole.

Era lei.

«Non ti è permesso farlo,» disse. «Lo sai, vero? Non puoi farlo.»

Indossavo un camice da ospedale.

Attorno al mio polso c’era un braccialetto giallo di plastica.

«Non puoi chiamarmi e dirmi che ti stai per suicidare e poi chiamare mia madre e dirle che mi hai chiamato per dirmi che ti stai per suicidare e poi suicidarti per davvero.»

Tossii e sbattei le palpebre.

«È illegale.»

Aveva ragione.

Suicidarsi è illegale.

Ma il mio crimine era fallito.

Ero vivo e vegeto, tossivo e sbattevo le palpebre.

Cominciarono a tornarmi i ricordi di ciò che era accaduto.

Ciò che era accaduto fu che ero da solo nel nostro appartamento, disoccupato, sul divano, e la chiamai.

Lei era al lavoro.

Le dissi che mi sarei suicidato.

Risoluto, riattaccai il telefono.

Poi buttai giù un flacone di sonniferi con un sorso di Gatorade blu.

Mi svegliai in un letto d’ospedale.

Immagino che chiamai sua madre prima di perdere i sensi sul divano, e che poi lei fosse corsa al nostro appartamento e avesse chiamato un ambulanza.

Ma non ricordavo quella parte.

E sua madre entrò nella stanza d’ospedale, quindi.

E sua madre aveva un’espressione triste.

Mi guardava e i miei capelli erano tutti scompigliati e avevo l’aspetto di chi fosse quasi morto.

E in effetti ero quasi morto.

Ma non morii.

Adesso è adesso, un paio d’anni dopo, e sono ancora vivo.

Ma sto diventando cieco all’occhio sinistro.

E anche all’occhio destro.

L’ho scoperto la settimana scorsa.

Quindi, non è un bene.

E ieri ho scoperto che lei vive nel mio palazzo.

L’ho vista entrare con la spesa.

L’ho vista, più o meno.

L’immagine era sfocata.

Era difficile distinguere tutte le forme.

Sono ancora innamorato di lei.

Studiava architettura al college, ma non ho mai capito di cosa si trattasse, a parte il fatto che avesse qualcosa a che fare con i palazzi.

Vorrei solo che mi avesse avvertito che si sarebbe trasferita nel mio.

Ma in effetti non le ho mai dato il mio nuovo indirizzo quando me ne sono andato dal nostro appartamento.

Quando lei mi ha chiesto di andarmene dal suo appartamento.

Comunque sia, oggi ho fatto il bucato.

Una piccola vittoria.

La lavanderia a gettoni puzzava di cibo per gatti e piscio di gatto.

Mi sono seduto accanto alle lavatrici e ho ascoltato il suono della loro lingua.

Fruscio.

Ronzio.

Fruscio.

Ronzio.

Mi sono messo a leggere un libro.

Mi si è annebbiata la vista.

Ho posato il libro sulle mie gambe.

Stavo pensando di nuovo a lei.

Sono andato all’esterno e ho chiamato un mio amico.

«Dale, sto pensando di nuovo a lei.»

Ho detto a Dale che ogni volta che vedo la parola architettura penso a lei e mi intristisco.

Ho detto a Dale che mi intristisco anche quando vedo i palazzi, perché i palazzi sono fatti di architetture.

Ho detto a Dale che lei si è trasferita nel mio palazzo.

«Le hai parlato?» mi ha chiesto.

«No. Per quanto ne so, non mi ha visto.»

Camminavo avanti e indietro, guardavo le persone sul marciapiede e quelle che attraversavano la strada.

Alcune avevano belle facce.

«Penserà che la sto seguendo,» ho detto. «Ma non la sto seguendo. Sto cercando di starle alla larga.»

«Devi trasferirti,» mi ha detto Dale.

«Mi sono trasferito prima io qui.»

Ho riattaccato.

Sono tornato all’interno della lavanderia a gettoni per controllare i miei vestiti.

Avevano bisogno di più tempo.

Ho atteso i miei vestiti.

Lì in piedi, col naso a qualche centimetro di distanza dallo sportello dell’asciugatrice, a guardarli rotolare.





Joseph Grantham lascia che i suoi amici lo chiamino Joey. Gestisce Disorder Press insieme a sua sorella. Vive da qualche parte negli Stati Uniti. Twitter: @misterjgrantham @disorderpress

Leggi la versione originale in lingua inglese qui: http://magazine.nytyrant.com/woosh-hum/

“Fruscio, ronzio”, un racconto di Joseph Grantham tratto dal magazine di Tyrant Books.