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illustrazione Cesso a pedali - Francesca Cassanelli - SPLIT - Pidgin Edizioni

Cesso a pedali

Ho un’amica che quando ride non riesce a tenere le cose in mano. Le si bloccano le dita, un po’ inarcate, e se sta trasportando qualcosa lo deve appoggiare al volo.

Mi è venuta in mente mentre provavo a liberare la mia bici dal palo del lampione.

Quella mia amica quando ride si fa anche un po’ di pipì nelle mutande.

Quando ride per lei è un bel problema, soprattutto se è in pubblico o al lavoro.

Però ride sempre tantissimo.

Per due volte mi è caduto il mazzo di chiavi, perché io quando sono nervosa o non ho dormito o ho mille cazzi per la testa ho lo stesso problema: mi cadono le cose.

Ho rotto diversi bicchieri.

Anche a casa tua, la tazza dove tieni i nostri spazzolini. Stavi per arrabbiarti quella volta, ma poi la mia faccia mortificata ti aveva impietosito e mi avevi detto tranquilla, non è niente.

Anche la settimana scorsa. Cioè, non mi è caduto niente, ma ero arrabbiata per i cazzi miei e allora ho versato il caffè nella ciotola con il porridge con già la frutta disposta sopra, invece di versarlo nella tazzina. Il caffè ha ricoperto le fettine finissime di mela, si è insinuato nell’avena cotta e l’ha trasformata in fanghiglia marrone.

Quando ti metti a tagliare le mele così mi fai davvero ammattire. Con l’asse di legno e il coltello giusto a lama tagliente, ci impieghi un’infinità.

Così tagli anche me, mi dissezioni con cura, talento e molta calma.

Là sì che ti sei arrabbiato. Perché ho macchiato quella merda di tavolo che hai in cucina che fa davvero schifo. Insomma, lo sai che divento impacciata in certe occasioni.

Tu lo noti sempre.

Comunque, alla fine sono riuscita a montare sulla mia bici. Che è un vero cesso da quando mi si è staccato il cestino e l’ho legato con un pezzo di sacco della spazzatura. Tu mi hai detto che non ci vuole niente a comprare le fascette e renderla “decente”. Ti vergogni della mia bici. L’hai definita un cesso a pedali. Un cesso di bici a pedali. Vorresti che mi comprassi una di quelle bici da corsa, vintage, che vanno ora. Me la comprerei pure, se solo non guadagnassi cinque euro e trenta all’ora. Scusa tanto.

Insomma, salita sul rottame inizio a pedalare verso casa. Io neanche ci volevo tornare. Sarei rimasta lì ancora un bel po’ su quel muretto dove fino a mezz’ora prima eravamo in due. Sono stata costretta ad andare via perché un signore pelato con la camicia aderente mezza aperta mi stava guardando. Mi stava squadrando. Insomma, io sarei rimasta lì a piangere almeno per un’altra ora, giuro. Avrei aspettato i netturbini e avrei visto la strada davanti al bar diventare pulita e mi sarei senz’altro sentita più sollevata. Invece quel cazzone viscido mi si è piantato di fronte. Ho anche dovuto smettere di piangere perché, anche se quello era al cento per cento un uomo sgradevole, mi ha fatta sentire molto patetica.

Sai che non piango normale. Mi metto le mani sulla faccia, muovo le spalle e tremo tutta. Piango come piangono nei film perché ne ho visti troppi e non è difficile lasciarsi influenzare.

Tu me lo dici sempre, che quando piango sono un cesso.

Comunque, ora sono sulla mia bicicletta e sto tornando – sto sfrecciando – verso casa.

Faccio slalom tra le macchine parcheggiate, me ne frego dei semafori rossi. In realtà, io so che non ci sono macchine.

Però mi dico che se passa un tram, io mi ci schianto.

Con il mio cesso di bici, io mi butto sotto.

Ma lo so, che non ci sono tram dopo le due.






Francesca Cassanelli ha ventisei anni, è nata in un minuscolo paesino di montagna e ora vive a Milano. Si è laureata in Filologia Moderna all’Università di Pavia e ha frequentato un master di scrittura cinematografica e letteraria. Di recente è entrata nella cinquina dei finalisti del premio Claudio Nobis per la sceneggiatura.

illustrazione Cesso a pedali - Francesca Cassanelli - SPLIT - Pidgin Edizioni
“Cesso a pedali”, un racconto di Francesca Cassanelli per la rivista SPLIT di Pidgin Edizioni