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Il contrario della solitudine (estratto)

Un estratto del saggio “Il contrario della solitudine – Manifesto per un femminismo in comune” di Marcia Tiburi, pubblicato nel luglio 2020 da effequ. Traduzione di Eloisa Del Giudice.
Questo saggio è un percorso di comprensione e autocritica del femminismo, inteso come necessità di una rivoluzione radicale rivolta alla lotta contro le sofferenze accumulate, una lotta per i diritti di chi subisce sistematicamente ingiustizie disposte dal patriarcato. Tiburi si rivolge a tutti gli esseri i cui corpi sono stati misurati per il loro valore d’uso e li interroga sui giochi di potere legati alle proprie vite, svelando quelli che sono i marcatori di oppressione: gli argini per il mantenimento di una credenza patriarcale consolidata in verità assoluta. Il femminismo di cui parla Tiburi è un flusso insopprimibile, intergenerazionale e intersezionale, nutrito dalle voci battagliere di coloro che si riconoscono nel segno di femminista prima e donna poi, un tentativo di risignificazione: un altro mondo possibile nel quale sentirsi donna non costituisca uno stato di predestinazione al ruolo di vittima. Il femminismo è lo spazio di parola in cui esercitare la sorellanza, in cui riscattare la nostra dignità di persone, e non prevede che vi sia qualcuno a occupare un piano d’inferiorità attraverso disposizioni simboliche, o che l’individualità del capitalismo avanzato acquisti vantaggio sulla pluralità dialogica di visioni.  Il dialogo è una potenza trasformatrice e multiforme, il mezzo con il quale pretendere una chiave d’accesso a una società di diritti fondamentali.



12. Le potenze del femminismo: dall’etico-politica alla poetico-politica



Ci siamo abituati a parlare di politica senza etica e di etica senza politica. Bisogna ricominciare a parlare della relazione tra i due campi. La politica nel senso di relazione di potere, questa politica in senso tradizionale che si dedica a giochi di potere anche fra partiti, dev’essere smontata e costruita in un altro modo per una vera messa in discussione nel campo dell’etica. E, allo stesso tempo, è necessario tornare all’etica, dobbiamo porla come una risposta alla morale in quanto sistema di usi e costumi sedimentati. La morale è ciò che è dato come se fosse una verità. L’etica è l’opportunità di inventare noi stessi e un altro mondo a partire necessariamente dal pensiero critico.

In quanto invenzione di sé e del mondo, ogni etica è contemporaneamente una poetica. Questa dimensione inventiva viene a mancare alla politica non appena questa si separa dall’etica e diventa burocrazia. Nella politica tradizionale non ci sentiamo autori della vita che viviamo. Se dobbiamo pensare il femminismo, questo sarà necessariamente un’etico-poetica che ci porta a reinventare la politica a partire dalla reinvenzione di ogni individuo.

Dal gesto di autoaffermazione in quanto femministe – vale a dire di donne consapevoli dei giochi di potere nei quali siamo coinvolte – dipende quel posto al sole che chiamiamo ‘cittadinanza’. Ci sono meccanismi nella nostra società che controllano i pensieri, le credenze, i discorsi e il corpo. Quando parliamo di ‘controllare’ intendiamo dire proibire e permettere a seconda delle necessità precedentemente fissate dal sistema – il che è ingiusto nei confronti di chiunque.

Il femminismo è un’etico-politica, ed è un’etico-politica che punta a destabilizzare uno stato di cose caratterizzato dall’ingiustizia. Una delle più grandi ingiustizie del patriarcato – o l’ingiustizia originale, quella che si ripete ogni giorno – è il non rendere possibile la presenza delle donne nella storia e non permettere che esse occupino uno spazio qualsiasi di espressione nella società. Ogni spazio è conquistato a fatica e solo a costo di molta lotta.

Che le donne non facciano parte della vita pubblica non si spiega solo col fatto che siano state allontanate da questo spazio in momenti diversi, ma si dà anche perché le donne non hanno raccontato la loro storia.

Ogni volta che vediamo donne rappresentate in dipinti, disegni, fiction e film realizzati da uomini, possiamo chiederci se nella loro narrazione siano stati maschilisti. Possiamo anche chiederci se le donne stesse lo siano quando, diventando narratrici, adottano la logica maschilista senza grande consapevolezza. Non serve a niente rispondere che le donne sono mere vittime del patriarcato, poiché esso conta sull’adesione delle vittime al suo gioco di linguaggio. Peraltro questo tipo di argomento riduce le donne a poveracce, il che depaupera il senso della lotta femminista che si contrappone a tutto ciò.

Anche la questione della rappresentazione delle donne nella vita politica è rilevante. Rimaniamo perplesse pensando alle percentuali infime di partecipazione. Com’è possibile che, pur rappresentando più della metà della popolazione mondiale, le donne siano così lontane dalla politica in quanto istanza decisionale nei confronti la società? Di fatto, sono gli uomini che occupano gli spazi di potere che detengono il privilegio delle decisioni. Le donne devono prendervi parte, ben oltre il semplice avallare uomini che dominano il sistema elettorale da secoli. Le donne lo faranno solo potendo costruire la propria storia, anche in politica. Per questo le donne devono parlare di sé stesse in tutte le sfere – nell’arte, nella conoscenza, nella religione, per esempio. È così che il femminismo può restituire a ciascuno il suo spazio legittimo di parola. È per questo che tutte le femministe, in un modo o in un altro, quando scrivono, parlano di sé. Hanno imparato che il femminismo restituisce loro la loro biografia rubata. In questo senso, il femminismo ha come base etico-politica la costruzione di sé, che deve dare alle donne un altro spazio nel campo delle decisioni.

Solo il femminismo permette alle donne di parlare di sé stesse senza mistificazioni. Il femminismo si fa teoria critica come processo di demistificazione tanto del femminile che del maschilismo che di esso si serve. Il femminismo non potrebbe, quindi, essere un maschilismo invertito, che usa il femminile e il maschile come ‘caratteri’ per sostenere in verità il potere e la dominazione degli uni sulle altre. Per quanto possa sembrare l’unico modo di rendere giustizia alla sofferenza storica delle donne, il femminismo non può essere la difesa di un mondo di sottomissione invertita. Non penso che il femminismo possa mai portare a questo, ma è un sospetto che molti hanno quando non vedono che il femminismo è, prima di tutto, un’analisi e una decostruzione critica.

Così arriviamo a un altro aspetto molto importante. La storia delle donne potrebbe essere raccontata come storia delle vittime, anche se non possiamo strategicamente metterci in questa posizione quando si tratta di pensare alla forma e alla potenza della lotta. La condizione più difficile è quella di vittima poiché, anche quando è picchiata e uccisa, incolpata e reietta, vittima è colei che risveglia nel suo aguzzino il desiderio di picchiare e uccidere. Il sistema della violenza opera attraverso la ripetizione di una logica. Il femminismo critico e autocritico deve presuppore il sadomasochismo che coinvolge gli individui e instaura il nodo sociale tra loro. Ciò che chiamo sadomasochismo non è un ordine di piacere e dolore scelto dalle persone, ma un gioco di potere che usa gli aspetti del piacere e del dolore contro gli stessi individui in esso coinvolti, e molto oltre il loro significato più semplice. Da un lato ci solo coloro che si mettono nella posizione di aguzzini, dall’altro ci sono le vittime. E ci sono molti accordi perversi e deliranti tra loro, anche perché il patriarcato, così come il razzismo, è un grande delirio forgiato dal capitalismo. Le donne, per quanto vittime possano essere, lo sono di un ordine nel quale sono più ingannate che complici. Bisogna però che si convincano di essere colpevoli, o poveracce, o persino di guadagnarci qualcosa e, per questo, appaiono spesso quasi sedotte da quest’ordine nel suo insieme. Dico questo perché dobbiamo sollevare la questione del femminismo oltre l’idea che, per il fatto di essere donna, una possa essere a priori esonerata dalla seduzione patriarcale. Ora, anche il capitalismo seduce, e i lavoratori vi si abbandonano come vittime del consumismo. Ciò non li esonera da nulla. In questo senso c’è un vincolo di sadomasochismo anche col capitalismo. Per questo è necessario il femminismo. Solo esso permette di uscire dall’‘accordo’ col patriarcato, allo stesso modo in cui solo la lotta di classe fa sì che l’individuo esca dall’accordo col capitalismo.

Il patriarcato si costituisce attraverso un’equazione: da un lato stanno gli uomini e il potere, dall’altro le donne e la violenza. Il potere che ratifica la violenza contro l’altro sta al sadismo come la sottomissione sta al masochismo. Le donne non possono esercitare il potere politico, economico e di conoscenza, e sono vittime della violenza. Gli uomini esercitano il potere e la violenza contro le donne. Per questo il movimento femminista è anche una lotta contro la violenza esercitata nell’intento di distruggere le donne quando si trovano nella posizione di indesiderabili al sistema, vale a dire quando non servono sessualmente, maternamente o sensualmente, quando non producono, non consumano e anche quando criticano questo stato ingiusto. Questo stato di cose verrà trasformato solo dirigendoci verso la produzione di una coscienza femminista veramente radicale.





Marcia Tíburi (Vacaria, 1970) è una filosofa, artista, docente universitaria e scrittrice brasiliana. È autrice di opere importanti nel pensiero critico contemporaneo, tra cui il successo Cómo conversar con un fascista (Record, Rio de Janeiro 2015). Con il Partido dos trabalhadores ha partecipato alle elezioni brasiliane del 2018 come candidata a governatrice dello Stato di Rio de Janeiro. Amica e vicina a Marielle Franco, politica brasiliana uccisa nel 2018, è attualmente editorialista della rivista «CULT» e vive a Parigi, in esilio volontario dal regime di Bolsonaro.

L’immagine in evidenza è una rielaborazione cromatica dell’illustrazione di Simone Ferrini usata nella copertina del libro. Traduzione di Eloisa Del Giudice. Per ulteriori informazioni o per acquistare il libro, visita il sito dell’editore effequ: https://www.effequ.it/il-contrario-della-solitudine/

 

illustrazione Il contrario della solitudine - Marcia Tiburi
Un’anteprima dal libro “Il contrario della solitudine” di Marcia Tiburi, pubblicato da effequ, sulla rivista SPLIT di Pidgin Edizioni