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Perché il femminismo serve anche agli uomini (estratti)

 (Due estratti dal saggio “Perché il femminismo serve anche agli uomini” di Lorenzo Gasparrini, pubblicato da Eris Edizioni nella collana BookBlock. Il libro propone delle riflessioni fondamentali sui problemi personali, relazionali e professionali vissuti dagli uomini, derivanti da quello stesso sistema patriarcale e gerarchico affrontato dai movimenti femministi.)



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Il principale inganno che crea il sistema patriarcale nei pensieri e nei gesti degli uomini è l’illusione della loro libertà, l’idea che il mondo sia a loro disposizione per realizzare i loro desideri, la convinzione di non essere toccati da costrizioni e imposizioni legate al loro genere. Questa illusione poggia su solide basi: i condizionamenti che fondano la “normale” maschilità, la “naturale” identità maschile. Questi condizionamenti sono facilmente riassumibili in quei caratteri stereotipati tipici del maschio alpha:

– essere sicuri di sé, mostrare di non aver paura di nessuno né del giudizio degli altri;

– acquistare e mantenere una buona reputazione agli occhi del mondo, una popolarità nel proprio ambiente;

– incarnare una forma di autorità, di potere o di talento;

– essere affettivamente autonomo, non avere bisogno degli altri per stare bene;

– essere produttivo, ambizioso, passionale nel raggiungere i propri obiettivi;

– essere divertente, accattivante;

– avere spirito combattivo, non arrendersi né lasciarsi andare, mantenere la parola;

– avere forma fisica e bellezza, curare il look in modo da risaltare per qualcosa.

A parte l’evidente contraddittorietà di questi assunti (come si fa a essere affettivamente autonomo e insieme dare importanza all’opinione degli altri per essere popolare?), nell’abituale schema educativo maschile essi diventano cose da insegnare:

– i bambini, i ragazzi e poi gli uomini non piangono, non manifestano emozioni;

– gli uomini sono razionali, sanno ragionare lucidamente e sanno prendere decisioni nella maniera migliore in qualsiasi situazione;

– i maschi hanno “bisogno” del sesso, è una necessità fisiologica, altrimenti stanno male;

– i maschi possono fare quello che vogliono, se s’impegnano al massimo possono ottenere qualsiasi risultato nella vita;

– fatti gli affari tuoi e “rispetta” gli affari degli altri;

e tutti gli altri tipici insegnamenti che corredano la vita di un maschio, da bambino a adulto, come sue caratteristiche naturali, tipiche del suo genere. Se non segui questi dettami, se non hai queste caratteristiche, non sei un uomo. Non c’è un discorso sociale condiviso di critica o anche solo di messa in discussione di questi valori tipici della mascolinità tradizionale. Non intendo dire che non ci siano eccezioni, ma sono tali, appunto, e non realizzano un cambiamento sociale.

Ciò che vogliamo condividere in questo libro è un’alternativa a questa norma: una possibile alternativa agli attuali rapporti tra i generi, che vengono sempre più strumentalizzati per inutili e dannose contrapposizioni.

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La riflessione sul proprio corpo come luogo politico è proprio la più importante mancanza che gli uomini hanno riguardo sé stessi, e che sarebbe importante imparare dalle pratiche femministe. Non nel senso che quelle pratiche – come quelle teorie – siano riapplicabili e riproducibili esattamente allo stesso modo anche per gli uomini, ma che devono essere d’esempio per capire come comprendere i condizionamenti politici, economici e sociali che nella storia si sono succeduti, e che ancora agiscono. Non c’è da meravigliarsi di una tale mancanza; uno sguardo “altro”, “diverso”, è mancato da sempre nella storia della cultura occidentale, e precisamente quello sguardo che ne può evidenziare i caratteri maschilisti, bianchi ed eterosessisti. Perché la storia degli uomini, della costruzione della loro identità di genere, è infatti soprattutto una storia di occultamenti, di nascondimenti, di illusioni.

Il primo vero e proprio gioco di prestigio del patriarcato. far sparire la struttura di potere piramidale su cui si fonda tramite le più Varie narrazioni, anche palesemente contraddittorie. Tantissimi uomini pensano di passare la loro vita essendo frustrati per colpa delle donne perché convinti che siano loro ad avere il potere (qualunque tipo di potere). Moltissimi uomini sono pronti a riconoscere quella struttura e quell’odioso potere maschile nei luoghi di lavoro, ma sono incapaci di riconoscere la medesima cosa nelle loro relazioni personali e familiari. Altrettanti uomini non riescono a concepire che il capitalismo, il liber(al)ismo e le sovrastrutture economiche sono prodotti recenti e accondiscendenti verso un potere ben più antico e radicato, quello patriarcale. Pochissimi uomini arrivano spontaneamente ad accorgersi che anche il loro genere, tutto ciò che concepiscono come “naturale” del loro essere uomini, è il prodotto di precise direttive culturali create per uno scopo, in una precisa epoca. Questi inganni, queste sviste, sono il prodotto di precise strategie culturali: il racconto ossessivo e ripetuto della “naturalità” e “normalità” dell’eterosessualità tradizionale, la delirante religione dell’“essere se stessi” in un mondo culturale che penalizza chiunque non si conforma, il culto del successo ottenibile soltanto tramite forme di potere non condiviso (essere il più ricco, il più bello, il più geniale, il più potente) mentre vengono chiamati “spirito di squadra” il cameratismo e il controllo reciproco, l’annullamento o la svalutazione dell’interiorità, dello spazio delle emozioni, del lavoro sui sentimenti maschili che vengono riabilitati solo come scuse per gesti irrazionali e violenti, il continuo evidenziare una colpa individuale per non lasciar mai emergere una responsabilità di genere.

Non servono complessi ragionamenti per trovare leve capaci di far saltare tutto il marchingegno, il dispositivo patriarcale che opprime anche gli uomini. Quando cammino di sera, per i motivi più vari, dietro a una donna che è lì per i fatti suoi, se lei si accorge di me, la maggior parte delle volte si stringe nel vestito e affretta il passo. Non mi conosce, non sa chi sono, vede solo che sono un uomo. Cosa ha trasformato il mio corpo maschile in una minaccia latente, in un possibile pericolo per qualcuno? Come posso permettere di essere considerato una specie di arma per il solo fatto di avere questo corpo, senza che sia mai stato chiesto il mio consenso? E cosa mi impedisce di farmi queste ovvie domande, e invece mi spinge a pensare che quella “strana” sia lei e che io non ho colpa di nulla?





La collana:

BookBlock è una collana di saggi: piccoli strumenti di autodifesa culturale che introducono temi chiave del mondo in cui viviamo, punti di partenza verso un approfondimento più strutturato o focus specifici su tematiche che il lettore già conosce. Ogni titolo di questa collana è uno strumento per interpretare la realtà, per immaginare e intraprendere percorsi diversi da quelli canonici e provare a pensare fuori dalle narrazioni imposte. BookBlock nasce per dare spazio a quelle voci che esplorano, con riflessioni attuali, temi chiave della contemporaneità. Si tratta di saggi brevi, di 70 mila caratteri al massimo, pensati per stimolare riflessioni nuove o consolidare conoscenze pregresse. In fondo a ogni libro, le autrici e gli autori consiglieranno sempre libri, video, film e strumenti vari per approfondire l’argomento trattato.

https://www.erisedizioni.org/catalogo/bookblock-saggi/

https://www.erisedizioni.org/prodotto/perche-femminismo-serve-anche-agli-uomini-lorenzo-gasparrini/

L’autore:

Lorenzo Gasparrini è filosofo e attivista antisessista, fondatore del blog Questo uomo no. Dottore di ricerca in Estetica, ha lavorato per anni come docente universitario. È autore di Diventare uomini. Relazioni maschili senza oppressioni (Settenove 2016), Non sono sessista ma… (Tlon 2019) e NO. Del rifiuto e del suo essere un problema essenzialmente maschile (Effequ 2019).

Blog: https://questouomono.tumblr.com/

Instagram: @lorenzo.gasparrini