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Trap trap drum

La trap trap drum- Linea C: percorso ondulatorio.

Coi cipressi che si fanno curvi, sonnecchiano…

Burger King.

Caffè letterario.

Sambuca.

Dior.

Piste bianchissime.

Fulmini alle orecchie.

Vado a rifugiarmi.

Vieni a canticchiare.

Spiagge affollate, mai dome.

Percorso a sterro: “VENDESI” poi “AFFITASI”.

Rock in dance.

Nuvole di fumo.

Dung-sdeng.

Nell’oceano della tua borsa filtrini, gum.

Malati.

“Vuoi dormire?”

Rimessa artificiale.

Discarica, infine parco.

E tu che attacchi bottone coi cani randagi.

E io che discorro di calcio coi tossici.

Sultan park.

Chiodi di garofalo.

Blu…

Faro di Sirena.

Sorrido.

Vado a dormire.

Annaspo.

Affoghi per respirare.

Cambio canale.

Soltanto manifesti di madonne inespressive.

“Davvero niente male”.

Sfilano, si spogliano, la fanno finita.

Giù.

Underground.

Proprio fuori città.

“RAGAZZA ARCOBALENO!”

Fingi di stare male.

Non la smetti un attimo di cantare.

Tacchi alti.

La vita…

Barcolli.

Inciampi e spalanchi scampoli di cielo inesplorato.

Trac: la luna, le stelle, i manifesti elettorali.

Sulle pareti soltanto draghi.

Non-ti-scordar-di-me a perdita d’occhio.

E pugnali.

E coltelli.

“COOP” sulla tela bianca.

Facciamo la guerra dei colori acrilici.

Occhiaie verdi.

Gambe stilizzate.

“Amore che non torni”, scappa da questo trip…

Fiume di liquori inquinati,

-sempre gli stessi.-

Scie chimiche, al ritorno da scuola.

Imbambolati a contemplare il soffitto.

Tinta unita.

Fluire regolare.

Ancòrati quaggiù.

Le tue ali? Fissate con lo scotch…

Mi rompo i coglioni.

Vendi l’anima al creatore.

Game on line.

Non so dove andare.

Non sai quando venire.

Perdersi…

Il bus, la metro, le fermate che lampeggiano.

Sbandi.

Sfumo nei tuoi collant.

Colpa dell’alcol.

Colpa di questi anni intensi.

Tv.

Trappola!

Svapi ancora cioccolata?

Spray.

Occhi appannati.

Ora lucidi.

Luci bianche.

Adesso blu.

Pareti azzurre.

Qui cremisi.

“Nuovi modi per sorridere”, il dottore.

D’improvviso clessidra rovesciata.

Tutto daccapo.

Zero.

Punto di non ritorno.

Brandelli di luna sul palmo della mano.

Colla vinilica.

Occhi blu.

Vernice azzurra.

La vengo a portare.

Ti vengo a celebrare.

Da brava.

Letto presto.

Bicchieri vuoti.

Sigaretta elettronica.

Due o tre tag.

Stop.

Nanna?

Nanna!

Lenzuola scompaginate.

Paraoxetina:

resterò quel che sono.

rimarrò come sono adesso.

Almeno per un po’.

Nessun progetto evolutivo.

Niente.

Aquila sbronza.

Cambio rotta.

Comò.

Sweet home.

Scuola.

Music Store.

Giuro: pulito.

Sai: da un po’.

Sfocata.

Poi nitida.

Il mio cellulare.

“Wind?”

Senso di smarrimento.

Emicrania lancinante.

Corso Italia a piedi.

Mi cerco allo specchio.

I mostri?

Sbandi.

Almeno tu ci provi a metterti in salvo.

Le paure, tutte sotto al letto.

“Rolls Royce”.

Zucchero filato.

Bolle di sapone.

Sonic in digitale.

“Ferma…”

“Smetti un attimo di…”

Con la penna riavvolgi il nastro.

D’ora in poi sei bellissima.

E anche fragile.

Però la notte non piangi.

“Nemmeno se i colloqui vanno male, ok?”

Non lo so.

“Dove hai messo la brum?”

Bagno caldo.

Galleggi.

Spiagge di marmo.

Ti sganci i bottoni della camicia di forza.

Non la smetti un attimo di fissarmi.

Il terremoto.

Anzi no: i nostri anni.

Instagram.

Filtro Alaska.

Sorridi.

Adesso chissà.

Ci pensi un po’.

Hai deciso che vuoi morire.

Flash:

non ci sei più.

Ti vengo a cercare coi droni.

“SOLE SPENTO!”

“RAGAZZA MORTALETTO!”

Via della scuola.

Passi svelti.

Nervoso.

Le persone sono spazzatura.

Le stagioni sono spazzatura.

E il tuo corpo un campo minato.

Fragile che potresti annullarmi.

Folle che potresti stupirmi.

“Quel che resta dei suoi occhi”, i contrabandieri.

Rimetto insieme i pezzi.

Un po’ alla volta.

Paraoxetina:

resterò quel che sono.

rimarrò come sono adesso.

Lo stesso stronzo che…

Tutto a posto.

Party in pool.

“Non c’è bisogno che dici altro”.

Fiume lento… di rimpianti.

Tutto scorre…

Crepitio di sogni.

La guerra dei migliori anni:

-Sono disarmato-.

Lo sai?

I tuoi capelli sono filo spinato.

I tuoi capelli sono filo spinato.

I tuoi capelli sono filo spinato.

*


Nicola Nucci, nato a Sinalunga in provincia di Siena nel 1987, ha collaborato con numerose testate giornalistiche occupandosi di sport e musica; ha lavorato come sceneggiatore in ambito teatrale e attualmente si sta dedicando ad alcuni progetti in campo cinematografico, settore nel quale si è già distinto arrivando in finale al concorso bandito nell’ambito di Uno Sguardo Raro – Festival Internazionale di Cinema sulle Malattie Rare (2018). Grande ammiratore di Irvine Welsh, Roddy Doyle e John Niven, ha ottenuto importanti riconoscimenti: la segnalazione al Premio InediTO (2013) al Salone Internazionale del Libro di Torino, due volte in finale al Premio Mario Luzi (2014 e 2015), il premio della giuria al concorso La Città di Murex (2013), il secondo posto al concorso Under 29 di Modena (2013). Nel 2018, con il suo primo romanzo, Trovami un modo semplice per uscirne (Dalia Edizioni), centra la finale del prestigioso Premio Italo Calvino. Nel 2019 concede il bis nella categoria racconti entrando in Top20 col brano Fino a spaccarti due o tre denti, (Clean rivista).

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“Trap trap drum”, un racconto di Nicola Nucci per la rivista SPLIT di Pidgin Edizioni