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Si fa così

Racconto tratto dalla rivista americana New York Tyrant e tradotto da Letizia Merello per Pidgin Edizioni



Quando gli ho detto che ero incinta, Ham si è alzato dal letto ed è andato a riempire la vasca. È rimasto lì in piedi, le mani sui fianchi, ogni tanto si attaccava all’Old Granddad. Poi si è tirato via gli scarponi. Sapevo cosa avrebbe fatto.

Ho detto, «Guarda che non puoi annegarti in una vasca.»

Si è sfilato la maglietta fluo e ha detto, «Vedremo.» Non mi guardava.

Lavorava a Milton, stavano sistemando una rampa dell’interstatale. L’azienda lo aveva messo in un motel dove davano la colazione gratis. Le mie vendite su Facebook non erano andate tanto bene quella settimana, quindi avevo deciso di stare da lui un paio di giorni. In più, ormai era un mese che avevo intenzione di dirglielo.

Si è tolto pantaloni, mutande e calzini. Li ha stesi sul pavimento in perfetto ordine. I muscoli sulla sua schiena erano gonfi e tesi. I miei ormoni erano ovunque.

«Ora entro,» ha detto. Ha sfiorato l’acqua con un piede, «Lo faccio.»

I primi due giorni sono stati belli. Mentre lui era al lavoro, guardavo la TV e regolavo la temperatura della stanza. Facevo una passeggiata fino al distributore automatico e compravo dei Fritos. Andavo a colazione e portavo gli avanzi in camera per dopo. Provavo a vendere qualche altro paio di scarpe e di orecchini online. La sera, quando tornava dal lavoro, faceva la doccia, metteva un film d’azione e si stendeva ai piedi del letto. Aspettavo che mi chiedesse come stavo. Un giorno me l’ha chiesto. Gliel’ho detto molto chiaramente, così non avrebbe fatto confusione: «Sono incinta, aspetto un bambino, è tuo figlio, avremo un figlio. Amore, aspettiamo un bambino.»

Stava in piedi nella vasca, poi si è lasciato scivolare completamente nell’acqua. L’Old Granddad era lì sul bordo, senza tappo. Si è coperto con la mano sinistra e con l’altra ha preso ancora un sorso dalla bottiglia. Ha chiuso il rubinetto col piede.

È andato sotto con la faccia e poi è tornato su, tenendo fuori solo bocca e naso. «Va bene,» ha detto. «Vado. In bocca al lupo. Ti auguro tutto il meglio.» La sua mano cercava la bottiglia. L’ho spinta verso le sue dita. Ha trascinato la bottiglia in acqua, qualcosa si è versato in quella piccola piscina – gli occhi erano sempre sotto – poi ha fatto un ultimo sorso.

Sott’acqua gli si è accartocciata la faccia, è diventata una cosa orribile. L’aria gli usciva dal naso come palloncini. Gli spuntavano fuori i capelli, corti e scuri. Mi sono accarezzata la pancia e ho detto: «Guarda papà.» Ho preso la mano con cui si copriva l’inguine e me la sono posata addosso. «Eccolo lì,» ho detto. «Papà è matto. Papà sta cercando di annegarsi in una vasca.»

Si è tirato su dopo neanche trenta secondi che stava sotto. È scivolato fuori lentamente come quando si era immerso. «Maschio o femmina?» ha chiesto.

«Non lo so ancora,» ho detto. «Probabilmente un maschietto.» Mi sono attaccata all’Old Granddad.

«Non dovresti bere latte o robe così?» ha chiesto. Ha preso il tappetino di spugna dal pavimento e si è sfregato occhi e capelli.

«Il latte è per il piccolo,» ho detto. «Io mi bevo il whisky.» Ho sorriso e ho pensato a quanto fosse fico ciò che avevo detto. Che situazione… Sentivo che la mia vita era sull’orlo di qualcosa. E lo era davvero, ovvio. «Diventeremo mamma e papà,» ho detto.

«Continui a ripeterlo,» ha detto. «Ma io sto ancora cercando di capire come ammazzarmi.» Si è seduto nella vasca con un’espressione rassegnata, i rotoli della pancia sotto il suo grande petto.

Certo, sapevo che Ham avrebbe reagito in quel modo. Era sempre stato drammatico. Quando gli ho detto un paio di settimane prima che avevo mollato il lavoro ha lanciato una lampada, la sua lampada, dall’altra parte della stanza, dritta nel microonde. A lui piaceva reagire e a me piaceva guardare.

«Come è successo?» mi ha chiesto.

Lo facevamo solo quando avevo le mie cose perché a Ham non piacevano i preservativi. E non riusciva a controllarsi. Quando veniva veniva. Ma a volte, il più delle volte, mentivo. Dicevo che quella volta erano leggere. Che non usciva sangue. E lui ci credeva perché era eccitato. Qualche volta persino io ci credevo.

«Amore, è successo.»

«Non devi tenerlo per forza.»

«Che cosa ho detto?» ho risposto. «Ho detto che avrò questo bambino.»

Si è alzato dalla vasca, è uscito dal bagno ed è andato gocciolando fino al lavandino. Ha preso il phon, lasciando penzolare il cavo sul pavimento. Poi si è avvolto il cavo intorno al collo, lentamente.

Ho tolto il tappo alla vasca e ho messo il dito dentro il piccolo vortice d’acqua in movimento. Quando la vasca si è svuotata sono andata da Ham, fuori dal bagno. Stava in piedi davanti allo specchio, bagnato e nudo, tirava i due capi del cavo. Aveva ancora la faccia di un colore normale.

«Guarda,» gli ho detto, «si fa così.»

Ecco come sarebbe andata per il resto della nostra vita.





Leggi il racconto in lingua originale sulla rivista New York Tyrant di Tyrant Books a questo indirizzo: http://magazine.nytyrant.com/do-it-like-this-dalton-monk/

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“Si fa così”, un racconto di Dalton Monk tradotto da Letizia Merello per Pidgin Edizioni